Attraverso la testata giornalistica “Piacenza Sera” abbiamo deciso di riportare l’affetto che nutriamo per Sonia, in particolare tramite le parole di Simona vicepresidente della nostra associazione che ci racconta con grande delicatezza e profondità il proprio vissuto dopo la tragica scomparsa della sorella Sonia e del suo compagno Daniele.

Simona, psicologa e pietra fondante dell’Associazione Sonia Tosi, ha accettato di condividere il proprio vissuto, le emozioni, il dolore e la trasformazione che ha attraversato e continua a vivere. Le sue parole parlano non solo di lutto, ma anche di amore profondo, di memoria che cura, e di speranza possibile e dell’importanza di educare, anche e soprattutto attraverso l’esperienza, al rispetto della vita.

Con rispetto e gratitudine, pubblichiamo di seguito l’articolo nella sua versione integrale :

“Mia sorella Sonia mi ha riempito la vita e continua a farlo anche adesso che non c’è più”

“L’arrivo di Sonia mi ha riempito la vita, quando è nata il mio cuore si è fatto più grande. Ora che non c’è più, sto cercando e trovando altri modi per sentirla viva dentro di me. Ci provo. Il dolore che avverto, quando avrei voglia di parlare con mia sorella, di sentire ancora la sua voce, di ridere insieme a lei, di guardarla negli occhi e di capirci al volo, non è più tagliente come subito dopo la sua scomparsa. Un po’ come quando si spegne una candela, è rimasta una scia, e lei ha preso quelle sembianze nella mia mente. Una lieve malinconia che sinceramente vorrei tenere sempre un po’ con me, come una musica di sottofondo”.

L’incidente: la tragedia che ha cambiato per sempre la vita di Sonia e della sua famiglia

Sonia Tosi e Daniele Zanrei, di 26 e 30 anni, stavano percorrendo in Vespa la provinciale tra Zena e Carpaneto, quando sono stati travolti e uccisi da un’auto guidata da un ragazzo di poco più giovane di loro. Dagli accertamenti disposti dalle forze dell’ordine è risultato essere positivo all’alcoltest. Dai giorni immediatamente successivi all’incidente, la famiglia di Sonia, guidata dal papà Danilo Tosi, insieme alla moglie Iole, e alle due figlie Simona e Silvia, si è fatta promotrice di una campagna di sensibilizzazione sugli effetti dell’alcol per chi guida. I familiari hanno dato vita a un’associazione in nome di Sonia, promuovendo diversi progetti sulla sicurezza stradale rivolti ai ragazzi non solo della provincia di Piacenza. In queste attività Simona, psicologa, svolge un ruolo importante: mettendo a disposizione le proprie competenze professionali, parla agli studenti delle superiori principalmente di percezione del rischio – quando ci si mette al volante e non solo – funzionamento umano su strada e dei processi decisionali implicati nel compito guida, che se non governati possono portare a effetti irreversibili. L’intervista che segue è il racconto dell’amore che resta, nonostante tutto, anche quando ci viene strappato via, e di come si affronta la sua perdita.

“Il ricordo più bello che ho di Sonia è l’annuncio del suo arrivo nelle nostre vite, quando mia madre mi ha reso partecipe di quel momento, dando a me per prima la notizia del suo arrivo. Quella mattina poco prima di andare a scuola eravamo da sole, e lei si è rivolta a me dicendomi ‘Simo, la mamma ti dice un segreto! Qui – toccandosi la pancia – c’è una sorellina o un fratellino, per adesso non dirlo a nessuno che è ancora presto’. E poi, quando Sonia è nata, ho sentito per la prima volta un sentimento importante, un misto di affetto e responsabilità – racconta Simona -.

Avevo otto anni e di quel periodo più che altro restano un sacco di ricordi in cui le sfioravo le mani e i piedi, passato qualche mese la tenevo spesso in braccio ed io e Silvia nel frattempo crescevamo con lei. La nascita di Sonia ha riequilibrato il legame tra noi, rendendolo per me più saldo. Con loro ho imparato tutto quello che serve davvero nella vita: a non essere l’unica, a sbagliare e chiedere scusa, a discutere rispettando comunque l’opinione altrui, ad esprimere le emozioni, soprattutto quelle faticose, che non diciamo o che non vogliamo mostrare come la rabbia, la paura, la vergogna, la gelosia, senza per questo essere attaccata o affossata ma anzi, ricevendo sostegno e comprensione. A sentirmi amata e apprezzata, anche nei momenti di scontro. Non riesco ad immaginare una vita senza loro, essere loro sorella è la cosa più bella che mi sia accaduta nella vita. Io e Silvia in realtà ci ripetiamo ancora adesso che saremo sempre in tre, non riusciamo proprio a concepirci come due”.

Le foto di Sonia ci lasciano l’immagine di una bellissima ragazza, con una cascata di capelli biondi e grandi occhi azzurri. Un futuro tutto da costruire, a 27 anni appena compiuti. “Il suo desiderio – ricorda Simona – era quello di iscriversi nuovamente all’università. Lavorava in uno studio dentistico a San Rocco, in provincia di Lodi, ma studiava per tentare il test di ingresso a Scienze della formazione primaria per settembre 2021. A scuola Sonia era sempre stata molto brava, leggeva tantissimo, in particolare amava i classici. In casa aveva una miriade di libri, sottolineati e appuntati. Amava recensirmeli con curiosità ed entusiasmo. Le sarebbe piaciuto diventare maestra di scuola per l’infanzia, e mai professione sarebbe stata più azzeccata per lei, aveva un talento speciale coi bambini. C’era l’intenzione di tentare il test di ingresso a Torino, la città dove lavorava Daniele”.

“Ho saputo dell’incidente la mattina successiva. Io ero in vacanza con Francesco, che all’epoca era ancora il mio fidanzato. Mi ha chiamato mia madre. Ovviamente lei e papà erano stati contattati subito, dai carabinieri, la notte stessa. Ma mamma ha aspettato che arrivasse mattino per non spaventarmi. Non so come abbia fatto ad attendere quelle ore. Io lascio sempre il cellulare acceso, appena ho visto la sua chiamata ho capito subito che doveva essere successo qualcosa di grave, perché non è nostra abitudine – spiega – sentirci così presto. Mia madre piangeva e ha pronunciato i nomi di Sonia e Daniele. Non ho compreso subito quello che era accaduto. Ho pensato avessero avuto un incidente, ma che ci fossero ancora. Che Sonia fosse in ospedale, in condizioni gravi ma viva. E invece no “.

I ricordi qui si fanno più annebbiati. “Ero come pietrificata – racconta Simona -, non riesco nemmeno a ricordarmi di aver parlato con mia sorella Silvia. Il viaggio di ritorno in macchina verso Piacenza è stato molto difficile, pesante, con telefonate e messaggi che continuavano ad arrivare. Mentre dentro di me ero di pietra, di ghiaccio, incredula. Una sensazione che nel corpo mi è rimasta a lungo”. L’affrontare un dolore fisico e mentale richiede tempo e il supporto giusto, che non si deve aver remore a cercare. “Quando purtroppo si vive questo tipo di perdita, inaspettata e arrivata in un modo così traumatico e violento, è fondamentale darsi tutto l’aiuto possibile – spiega -. Nel mio caso, mi sono affidata a figure mediche e alla mia psicoterapeuta. Questo mi è stato di grande aiuto, per riuscire a dormire, a riposare, perché quando parlo di star male fisicamente intendo dire avere difficoltà a dormire, a mangiare, ad avere una quotidianità, a restare concentrato quando gli altri ti parlano. Ad essere presente. Ero presente solo al lavoro, ma quando tornavo a casa ero assente. E lo sono stata per tanto tempo”.

Il dolore e la gestione della perdita

“Ora il dolore per la morte di Sonia non fa più così male come l’inizio, non è più così invadente e logorante ma si è fatto lieve, una presenza costante con cui mi sto abituando a convivere giorno per giorno, senza fretta di scacciarlo ma curiosa di ascoltare cos’ha da dirmi nei giorni in cui si fa sentire più forte. Ovviamente in tutto questo continuo a prendermi cura di me, facendo ancora psicoterapia. Il mio percorso è improntato nel nutrire e tenere viva quella parte bella di me che è nata con Sonia. Per me lei è stata molto importante, la è tuttora, abbiamo avuto un rapporto che fatico a ritrovare con le altre persone. Si pensa che con la morte finisca tutto, ed effettivamente la vita come la conosciamo con gli occhi e gli altri sensi si, finisce. Cambia completamente. In realtà però se si ha il coraggio di esplorare il proprio dolore si può trovare un modo nuovo di sentirsi connessi con chi non c’è più e con quella parte di noi che abbiamo dato solo a loro e che per un primo momento pensiamo finita per sempre, come chi perdiamo”.

La gestione del lutto è personale e non ha date di scadenza: ciascuno cerca di attraversarlo come può, scoprendo dentro di sé risorse inaspettate.

“Il lutto è fatto di diverse fasi, è un percorso per mia esperienza ed opinione personale assolutamente non lineare. Mi viene in mente il titolo di un libro, tra i tanti letti da Sonia, “Un giorno questo dolore ti sarà utile” (di Peter Cameron, ndr). Anche se non mi piace di certo definirlo utile, esattamente come il libro che racconta il passaggio faticoso e sorprendente dall’adolescenza all’età adulta, anche per me questo dolore sta tracciando una trasformazione: da sorella ferita e privata di un pezzo di cuore ad eterna custode e alleata. Un’altra suggestione letteraria che mi è spesso tornata in mente, e tuttora mi guida e sostiene, è un passaggio del Piccolo Principe, quello del suo incontro con la volpe. Conoscersi e doversi poi lasciare fa soffrire, ma fa parte della vita e questi incontri ti lasciano qualcosa di inestimabile valore. La volpe dice ‘ci guadagno il colore del grano. Per me è la stessa cosa e di fatti mi ritengo fortunata, non ho rimpianti tipo cose non dette o che potevano essere dette di più, solo ricordi belli che colorano i pensieri”.

Resta comunque un grande tabù, quello della sofferenza. “C’è molto timore, molta chiusura nei confronti del lutto e della morte. E’ un po’ il contrario della narrazione a cui siamo molto esposti: oggi sembra non ci sia spazio per il fallimento, il sentirci vulnerabili. E invece il dolore, la perdita, ci fa scoprire fragili, umani, finiti. Aiuta a togliere il superfluo, tenendo per noi e con noi ciò che conta davvero. Proprio per questo è invece importante parlarne. Dopo la scomparsa di Sonia, la prima cosa che ho sentito forte dentro me è la solitudine, la rottura di qualcosa di vitale. Ora a volte cerco volontariamente la solitudine, ne sento proprio il bisogno. Uno dei grandi regali che mi ha fatto (e mi fa) mia sorella da quando sta “dall’altra parte”, farmi scoprire tratti di me che non consideravo, anzi che non credevo ci fossero. Credo ci sia una grande fatica nello stare con la sofferenza. E’ inconcepibile pensare a dei genitori che perdono dei figli, o il perdere un familiare in un modo così traumatico e improvviso. C’è difficoltà nello stare in un certo tipo di emozioni che trovano poco spazio in una società che ci vuole molto performanti, sempre sul pezzo. Nel mio lavoro lo riscontro spesso, c’è una grandissima difficoltà da parte degli adulti nel condividere questi temi con i bambini e con i più giovani. In realtà invece ci stupiscono, coma ha fatto il mio nipotino Leo un paio di anni fa, che ripeteva spesso che la zia Sonia è su nel cielo e mi chiedeva quando ci saremmo andati anche noi, e quando gli dicevo che ci saremmo andati tra tanto tempo ma ci saremmo ritrovati tutti lì, insieme, mi guardava stupito e sereno. Noi grandi facciamo molta più fatica di loro ad accogliere e conoscere il dolore”.

Ringraziamo Paola Pinotti e il quotidiano on Line “Piacenza Sera” per questo articolo .